Sedeva fuori della sua dimora, la völva, l’antica Veggente, quando il vecchio Yggjungr le giunse dinanzi e in lei fissò lo sguardo, senza parlare. ― Che cosa vuoi sapere? Perché mi metti alla prova? ― sbottò la völva. ― Io so tutto, Óðinn! So dove Heimdallr ha nascosto il suo corno sotto quel sacro albero che si leva nell’aria tersa nel cielo. E so di quello scrosciare d’acque argillose alle sua radici, là dove hai pagato il tuo pegno. Io so dove hai nascosto l’occhio tuo, Óðinn! Nella famosa sorgente di Mímisbrunnr, là dove Mímir beve mjöðr ogni mattino! E tu, ne sai forse di più?
Óðinn riconobbe il dono profetico della völva e le donò anelli e collane; le diede saggi consigli e le conferì la verga della profezia. Gli occhi di lei vedevano oltre i confini del mondo, nel passato più profondo e nel futuro più remoto. Non esisteva nei Nove Mondi creatura che più di lei sapesse spingere il suo sguardo lontano. Ella si levò e chiese silenzio. Poi cominciò a profetare. E questo è il suo canto.
Óðinn riconobbe il dono profetico della völva e le donò anelli e collane; le diede saggi consigli e le conferì la verga della profezia. Gli occhi di lei vedevano oltre i confini del mondo, nel passato più profondo e nel futuro più remoto. Non esisteva nei Nove Mondi creatura che più di lei sapesse spingere il suo sguardo lontano. Ella si levò e chiese silenzio. Poi cominciò a profetare. E questo è il suo canto.
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